Selvaggi criminali by Olindo De Napoli

Selvaggi criminali by Olindo De Napoli

autore:Olindo De Napoli [Napoli, Olindo De]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia e Società
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2024-04-15T00:00:00+00:00


6. L’avvio del colonialismo italiano e un tentativo di deportazione surrettizia

Nel 1882 iniziava ufficialmente l’avventura coloniale italiana sulle sponde del Mar Rosso. Il tentativo di legittimare l’espansione coloniale per via della colonizzazione penitenziaria era naufragato, e altri corposi discorsi di legittimazione avevano prevalso, soprattutto grazie a Mancini, che da ministro degli Esteri impose la sovranità italiana sulla piccola baia di Assab. Il giurista aveva asserito che l’Italia non poteva chiudere gli occhi «a questa gara generosa» della civilizzazione, a cui ormai partecipavano tutte le grandi nazioni europee676.

La missione di civilizzazione degli indigeni spesso non era considerata compatibile con l’utilizzo della colonia come meta per i peggiori criminali provenienti dalla madrepatria. Era la fine del 1885, l’anno dell’acquisizione di Massaua, che era di certo la città più importante fino a quel momento su quel lembo di terra di fronte al Mar Rosso, quando Cesare Ricotti, ministro della Guerra nel settimo governo Depretis, elaborò un progetto di deportazione coloniale.

Poco prima che lasciasse l’Italia per assumere il comando superiore delle truppe in Africa, il generale Carlo Genè apprese, dal dispaccio del ministro del 9 ottobre 1885, di una specie di «progetto di insediare in Massaua una Colonia o distaccamento penale». Questo insediamento avrebbe avuto lo scopo di ricavare un «complesso di arti svariate» che, a detta del ministro, aveva funzionato molto bene a Roma per la costruzione del forte fuori Porta Pia.

Appena giunto in colonia, Genè manifestò tutta la sua contrarietà al progetto; se non si era opposto da subito era solo perché non aveva conosciuto «né le condizioni di Massaua né i suoi bisogni»677. Per il generale quel provvedimento era una «misura grave» che avrebbe richiesto un serio studio dei luoghi. Giunto a Massaua, infatti, il generale trovò sia il servizio del genio che quello della Marina avversi al progetto e ciò era dovuto, come scrisse al Ministero della Guerra, «all’essere tale questione in quell’epoca alquanto prematura»; un provvedimento del genere avrebbe richiesto che ci fossero già «cose stabilite per questi luoghi ed unità di governo allora non ancora avvenuta»678.

Evidentemente non bastò quella sua lettera, perché alla fine di dicembre apprese da un capitano dello Stato maggiore giunto in Africa in missione temporanea che «probabilmente» stava per partire dall’Italia «un nucleo di venti galeotti per iniziare la progettata colonia penale in Massaua». A quel punto, verosimilmente irritato, cercò di bloccare subito l’operazione con un telegramma a Roma, per poi argomentare con un’apposita relazione i motivi della sua contrarietà. Aveva appreso dal capitano che sarebbero arrivati vetrai e sarti: entrambe le professioni erano assolutamente inutili, la prima in quanto il vetro era del tutto sconosciuto in colonia, la seconda in quanto gli indigeni offrivano la manodopera di cui c’era bisogno. Al di là di questi dati particolari (peraltro contestati dal ministro, che sosteneva di non aver mai voluto inviare vetrai o sarti bensì «muratori, fabbri, falegnami, meccanici etc.»679), Genè si dimostrò abbastanza consapevole del dibattito che si era svolto sul tema delle colonie penali. Accennò ad alcuni articoli della Revue des Deux Mondes



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